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Ristoranti Roma, uno chef tra le bottiglie

Ristoranti Roma

Ristoranti Roma, a Prati si racconta lo Chef Fabrizio Del Frate.

Tempo di lettura: 1 calice di Valpolicella Ripasso

Ha solo 29 anni e da cinque è lo chef del Wine Bar Del Frate, enoteca e ristorante a Roma.

Ha l’aria seria del ragazzo che si è dato da fare e che non vuole perdere tempo. Collo della giacca alla coreana intonsa, grembiale pulito. La prima cosa che penso? Che raramente ho visto una divisa di cucina, su un ragazzo così giovane, così pulita e ben stirata, anche dopo il servizio. Inizio subito e gli chiedo:

Come e quando hai iniziato?

Lavorando in enoteca. Avevo 18 anni ma dopo il corso da sommelier sentivo il bisogno di passare dall’altra parte della sala. Quindi mentre la sera lavoravo qui la mattina studiavo per diventare chef. Poi ho fatto pratica in alcuni ristoranti Roma ni, per due anni sono stato Al Ceppo, ai Parioli, che mi ha dato tanto e non posso dimenticarlo. Poi è arrivata la formazione negli stellati da cuoco tra cui Crippa che ricordo con molto piacere.

Si riferisce al ristorante Piazza Duomo, ad Alba, dove lo Chef Enrico Crippa, nel 2012 tre stelle Michelin gli ha insegnato il mestiere.

Poi son tornato qui, quando mio zio – Fabio Del Frate – voleva portare al Wine Bar un po’ di freschezza e un tocco di novità. E inoltre voleva qualcuno di famiglia. Quindi ho iniziato nuovamente e presto sono passato da responsabile a chef del ristorante.

Il menu del ristorante cambia molto spesso. Esattamente ogni quanto?

Ogni 3 settimane. Cerco solo ingredienti di stagione; è una cucina che cerca di migliorarsi davvero ogni giorno, che cambia di continuo senza cambiare gli standard qualitativi. Cambio così spesso anche perché resti alta l’emozione del cambio menu. – ecco, chi lavora nel settore sa cosa intende: quella positiva tensione di vedere nel piatto qualcosa di nuovo, quel filo teso in attesa di un sorriso sulla bocca piena del cliente, l’acquolina in bocca dei camerieri che non vedono l’ora di provare la novità. – A mio avviso, dopo il primo servizio, l’emozione scende.

Come nascono i tuoi piatti?

Nascono dalle critiche e dalle imperfezioni. Ti faccio un esempio? – mi domanda con gli occhi che hanno il colore dell’olio di prima spremitura, come gli occhi e la barba ben tagliata. – Il tortello alla genovese del menu di adesso! Una sera, in un ristorante a Roma ho provato una pasta alla genovese. Mancava qualcosa, mancava molto ma mi ha dato l’idea e lo spunto per creare qualcosa di nuovo. Le idee poi vengono quando meno te lo aspetti, e io le scrivo – nel taschino sinistro della giacca ha due bic nere– i ragazzi cambiano sempre i menu cartacei perché è lì che butto giù le prime idee, a partire dal vecchio.

La tua brigata?

Verace. Come nei migliori ristoranti romani. È composta da tanti caratteri diversi, si litiga ma ci si vuole bene. È un servizio acceso e fa bene all’adrenalina, così si lavora senza sentire la stanchezza.

La maggior parte degli chef non ama fare i dolci. Tu?

Neanche io. Anche se sono la base della cucina, tanti chef sono nati come grandi pasticceri. Penso di non aver mai fatto una torta a casa. Ho fatto il liceo al Convitto, a piazza Mazzini. Il mio compagno di banco di allora è pasticcere ed è con lui che mi confronto.

Ristoranti Roma: dove ti piace tornare?

Ristoranti Romani? Marzapane. Poi torno nei posti in cui mi sono formato, perché mi piace e per gratitudine, che è sempre importante.

 

 

GC Comunicazione